La fulvia coupè è stata la seconda auto da gara che abiamo allestito…




Nonostante sia nata nel 1963, la Fulvia rimane prettamente un’icona degli anni ’70, questo grazie ai successi agonistici ottenuti nei campionati Rally a livello Internazionale (diventato successivamente Mondiale), Europeo ed Italiano.
La punta di diamante dei risultati sportivi è infatti la vittoria del Campionato Internazionale Costruttori del 1972, grazie alla vittorie di Munari, Ballestrieri e Lampinen ed ai piazzamenti di Källström e Barbasio.
Leggendaria fu la vittoria del Drago al Montecarlo del 1972 dove sconfisse le Alpine e le Porsche, vetture sulla carta molto più performanti. La sua Fulvia con il numero 14 ed i segni del Rally sulla carrozzeria è conservata presso la Collezione Lancia, nella vecchia sede dell’azienda a Torino.
Grazie a questi risultati ed ad innumerevoli successi nei campionati minori la Fulvia HF entrò nell’immaginario collettivo come un oggetto del desiderio, facendo sì che la Fulvia Coupé negli anni ’70 risultasse assai più venduta della versione Berlina. A conferma del successo che la Fulvia continuava a riscuotere, essa rimase in linea fino all’inizio del 1976, prodotta parallelamente alla Beta Coupé dal 1973.
In pratica la Fulvia ha saputo nuovamente incarnare quello spirito di distinta ed elegante sportività che ha caratterizzato sempre la produzione Lancia: una vettura che si può guidare all’occorrenza indossando un elegante abito di sartoria oppure casco e tuta.
Perché è proprio questa l’anima della Fulvia Coupé, una raffinata automobile che permette di percorrere piacevolmente le strade delle colline italiane, oppure di trasformarsi in una piccola vettura da corsa con pochissimi ritocchi quali l’eliminazione dei paraurti e l’adozione dell’aspirazione libera, prevista a catalogo ricambi.
A conferma di queste mie affermazioni rimane il fatto che tutti chiamano HF la Fulvia Coupé, senza distinguere i modelli propriamente destinati alle attività sportive.
Il segreto del successo della Fulvia non si limita ai soli risultati agonistici, dietro c’è la notevole sostanza di una vettura tecnicamente raffinata, potente, con un’eccellente tenuta di strada ed un’ottima frenata.
Una vettura che tutt’oggi si può confrontare con dignità e sicurezza nel traffico moderno.
I punti di forza tecnologici della Fulvia sono il suo motore 4 cilindri a V stretto, il telaio ausiliario anteriore che ospita il gruppo motopropulsore, la sospensione anteriore a quadrilateri e l’impianto frenante a 4 dischi con doppio circuito idraulico e servofreno.
Il pianale delle Fulvia deriva da quello della Flavia Sport, che essendo più corto della versione berlina ne aumentava di molto maneggevolezza e reattività. La monoscocca è uno dei primi esempi italiani, insieme a Flavia e Giulia, di struttura a deformazione programmata, ed il telaio ausiliario anteriore contribuisce funzionalmente alla sicurezza passiva. La Fulvia Coupé ha un passo ancor più corto di quello della berlina.
Il motore longitudinale è posizionato davanti all’asse anteriore a sbalzo, mentre il cambio è immediatamente dietro. Questa architettura garantisce un’elevata motricità ed una tenuta di strada assai elevata anche in condizioni di scarsa aderenza. Tale soluzione sarà successivamente ripresa da Audi, che la ritiene ulteriormente vantaggiosa per l’applicazione della trazione integrale permanente.
La sospensione posteriore è forse il punto meno raffinato della Fulvia essendo ad assale rigido con due balestre semiellittiche longitudinali, si tratta di un’evidente passo indietro tecnologico se teniamo conto che già dal 1937 l’Aprilia aveva le sospensioni a 4 ruote indipendenti. Tuttavia, si tratta di un sistema semplice ed efficace che fu adottato anche da altre auto uscite successivamente. Grazie alla sua reattività ed ad un azzeccato rapporto tra passo e carreggiate, nonché agli efficaci bilanciamento dei pesi e posizionamento delle masse, la Fulvia non è mai stata afflitta dal sottosterzo tipico delle trazioni anteriori.
Notevole è l’impianto frenante Girling dotato di pinze anteriori a quattro pistoncini e di pinze posteriori a due pistoncini.
In una prova comparativa del 1971 tra la Fulvia Coupé, AR GT Junior, Innocenti Mini Cooper e Fiat 128 Coupé, la vettura di borgo San Paolo eccelle nelle prove di marcia in salita, consumi, frenata, accelerazione, venendo battuta in velocità massima dalla più aerodinamica GT Junior e in maneggevolezza dalla più leggera Mini.
Dopo l’esperienza Flavia con il motore Boxer, fortemente voluta dal Direttore Tecnico Ing. Fessia, in Lancia si decise di tornare alla tradizionale architettura a V stretto, cioè un motore i cui cilindri sono disposti su due piani inclinati che convergono verso l’asse di rotazione del motore, tuttavia l’angolo tra le due bancate è così ridotto per cui esiste una sola testata. Questa architettura geniale deriva da sperimentazione effettuata da Lancia tra il 1918 ed il 1922 sui motori d’aereo ed adottata per la prima volta sull’ammiraglia Trikappa.
Sulla Fulvia l’angolo tra le bancate è minore di 13° e la distribuzione è bialbero a camme in testa, in quanto un albero aziona le sole valvole di aspirazione e l’altro le sole di scarico, permettendo di variare in fase di messa a punto l’angolo di incrocio delle valvole.
Il motore inoltre è inclinato di 45° sulla sinistra per ridurre gli ingombri in altezza.
L’alimentazione avviene tramite una coppia di carburatori a doppio corpo, questo per consentire un’alimentazione singola per ciascun cilindro e per ottimizzare la carburazione agendo sui getti, in quanto i condotti di aspirazione sono di lunghezza disuguale.
Autore di questo capolavoro, a cui si ispirano i motori VolksWagen VR6, fu Ettore Zaccone Mina, già progettista del V8 della Formula 1 Lancia D50. È un peccato pensare che Fiat abbia abbandonato, con la solita motivazione dei costi di produzione, una tecnologia così interessante e che questa venga riscoperta e rimessa sul mercato da un concorrente straniero.
Per la precisione, di motori Fulvia ne esistono 3 generazioni, ciascuna caratterizzata da un diverso angolo di bancata, angolo che si riduce partendo dai 12°53’28” iniziali fino ad un minimo di 11°20′ nella versione 1600cc, questo per ottenere una cilindrata maggiore negli spazi esterni del primo motore che nacque di 1091cc. E’ noto che tra Fessia e Zaccone Mina ci fosse una notevole differenza di vedute e che quest’ultimo fosse costretto a progettare un motore sottodimensionato per la prima Fulvia Berlina e che dovette progettare il motore della Rallye 1,6 HF nel salotto di casa propria.
Nonostante queste difficoltà il motore si rivelò subito azzeccato e nel Reparto Corse, diretto da Cesare Fiorio, fu affinato fino ad ottenere con una versione prototipo di 1401cc del motore di seconda generazione i 100 CV/litro di potenza specifica nel 1968. Nato come Scuderia HF, ovvero una struttura per agevolare e coordinare l’attività dei piloti privati, il Reparto Corse ha al suo attivo i titoli mondiali conseguiti con Fulvia nel 1972 e Strato’s nel 1974, 1975 e 1976. In seguito, alla fine degli anni ’70, confluì con l’Abarh e ottenne le vittorie mondiali con la Beta Montecarlo Turbo, la Rally 037 e i 6 titoli consecutivi con la Delta.
Il cambio a 5 rapporti è stato progettato congiuntamente da Lancia e la tedesca ZF e conserva la caratteristica posizione delle marce con la prima in basso a sinistra.
La carrozzeria della Fulvia Coupé, come quella della Berlina, fu disegnata internamente in Lancia da Piero Castagneto partendo dall’idea di una piccola barca da diporto. Si caratterizza da forme molto eleganti e tendenti ad un certo lezioso autocompiacimento, l’abitacolo a torretta è particolarmente luminoso ed offre una visibilità eccellente. Nelle versioni HF le parti mobili della carrozzeria sono in una lega di manganese ed alluminio chiamata Peralluman.
Un posto di sicuro interesse lo riveste la Versione Sport carrozzata ed assemblata da Zagato, si tratta di una coupé a 2 volumi con un’aerodinamica assai più efficace e che venne prodotta solo fino al termine del 1972. Vettura assai costosa e meno confortevole della normale Coupé, fu il prodotto di maggior successo della carrozzeria milanese. Nata nel 1965 con la carrozzeria completamente in peralluman, dal 1968 la Sport venne realizzata in acciaio con portiere, cofano motore e ribaltina per la ruota di scorta in peralluman; purtroppo nel 1971 vennero abbandonate le parti mobili in alluminio per ragioni strettamente economiche.
Si conoscono solo pochi studi di carrozzieri sulla Fulvia, che a parte una versione spider della Fulvia Zagato del 1968, sono tutti sulla versione 1600.
Il primo, denominato Berlinetta Competizione fu disegnato da Tom Tjarda ed assemblato da Ghia su meccanica Fanalone, realizzando una berlinetta dalle linee molto tese ed un vistoso alettone posteriore retrattile.
Lo studio più ardito fu realizzato da Bertone che portò al retrotreno la meccanica Fanalone ed ottenendo così il prototipo Strato’s Zero. Si tratta di un oggetto assolutamente avveniristico nelle forme e nelle proporzioni alto meno di 90 cm. Il prototipo, nonostante l’arditezza delle forme è marciante.
L’ultimo è un interessante studio di Sessano ed assemblato da Coggiola con la collaborazione della Glasurit su meccanica Fanalino. Le linee sono più squadrate e tipicamente anni ’70, e venne denominato Dunja HF.
A Dicembre 1969, Lancia entrò nell’orbita Fiat e molte cose furono destinate ad essere cambiate.
Venne abbandonato il controllo di qualità sugli assemblaggi tipico di Lancia, ridotte le specifiche per i fornitori, utilizzati materiali più dozzinali e abbandonate soluzioni tecniche assai raffinate. Per contro, si dette un notevole impulso tecnologico migliorando l’impianto elettrico con l’adozione dell’alternatore e le lampade allo jodio, venne adottato un impianto frenante più efficace, le Coupé e Sport furono dotata di gommatura maggiorata, venne estesa su tutti i modelli la trasmissione a cinque rapporti e ciò che era più importante venne dato notevole impulso per la sicurezza passiva predisponendo la vetture con gli attacchi per le cinture di scurezza anteriori e posteriori e montando il piantone dello sterzo collassabile.
È strano osservare che negli anni ’70 la Lancia ebbe la possibilità di raccogliere sotto l’egida Fiat i maggiori successi agonistici e che parallelamente i progetti industriali vennero pesantemente condizionati, fino al punto che spesso il prodotto venisse disconosciuto dalla clientela più tradizionalista e legata alla raffinatezza delle classiche realizzazioni Lancia. Il passaggio non fu certamente indolore, e fu ben più traumatico di quello che avvenne nel 1955 dalla Famiglia Lancia verso l’Ing. Pesenti.
Rimanendo nell’ambito della Fulvia, si deve notare sulle vetture costruite negli anni ’70 una progressiva adozione di materiali meno pregiati: addio ai volanti in legno, addio al fregio del cruscotto in legno impiallacciato, addio ai fregi in acciaio inox sulle ruote, ecco la griglia del radiatore in plastica.
I motori dalla 1600 HF Fanalino perdono la splendida finitura che caratterizzava quelli della versione precedente, e privati anche degli alberi a camme specifici, la potenza cala di circa 10 CV. Ancora più evidente è questo processo con la Fulvia terza serie: il panno Lancia viene sostituto da un pessimo velluto, le imbottiture dei sedili sono di bassa qualità per cui i sedili dopo pochi anni sembrano reduci da decenni di maltrattamenti, un’evidente peggioramento a malapena bilanciato dall’adozione dei poggiatesta e dalle cinture di sicurezza fisse a tre punti per i sedili anteriori.
Non penso che questi interventi siano dettati solo dalla necessità di risparmiare, ma che molto sia dovuto al pauperismo degli anni ’70 dove le tensioni sociali, la crisi petrolifera, l’inizio degli anni di piombo, lasciavano poco spazio ad un prodotto prettamente edonistico come la Fulvia Coupé.
Nella seconda metà degli anni ’70 il ruolo delle piccole coupé sportive venne rilevato dalle piccole 2 volumi 3 porte con motore sportivo come la Golf o la R5 Alpine. Nonostante l’evidente calo del valore dell’usato Fulvia, la meccanica complessa non ne agevolò la diffusione, facendo sì che le varie Fulvia restassero per lunghi periodi in mano agli stessi proprietari garantendone un’elevata sopravvivenza. Quando alla fine degli anni ’80 in Italia si scoprì la passione per le auto d’epoca, la Fulvia era pronta per riscuotere nuovo successo ed infatti venne pubblicato sul primo numero di Ruoteclassiche un lungo articolo per celebrane i fasti. L’elevata affidabilità della meccanica, e la cura con cui venne conservata dai proprietari appassionati ha fatto sì che ad oggi sia una delle vetture sportive degli anni ’70 più diffuse e, quindi facilmente accessibile grazie alle quotazioni molto basse.
Di seguito esaminiamo le varianti delle vetture prodotte negli anni ’70.
Fulvia Rallye 1,3s – 818.360
Ancora in linea nel 1970, si tratta di una vettura con finiture di qualità notevole e prestazioni elevate grazie al motore da 93,2 CV a 6200 g/m che consente di raggiungere i 173 km/h nonostante il cambio a 4 marce. Il motore ha il radiatore dell’olio.
Lo specchietto retrovisore esterno è montato sul parafango anteriore lato guida.
Le parti mobili della carrozzeria sono in alluminio e le portiere sono dotate di deflettori e di luci rosse di segnalazione. Alcuni esemplari sono privi delle parti mobili in alluminio
Fulvia Rallye 1,6 HF Corsa – 818.540
Detta Fanalone, è ancora in linea nel 1970, ed è caratterizzata da allestimenti particolarmente spartani, lamierati sottili e monoscocca alleggerita, finestrini laterali e lunotto in plexiglas destinata per i clienti sportivi. Le parti mobili sono rigorosamente in alluminio, e le porte sono prive di deflettori e luci di segnalazione.
Lo specchietto retrovisore esterno è montato sul parafango anteriore lato guida.
Il motore ha il radiatore olio ed una finitura tipica delle auto da corsa erogando 132 CV SAE a 6200 g/m
Fulvia Rallye 1,6 HF Lusso – 818.540
Versione più rifinita della Fanalone Corsa, con paraurti, lamierati standard, finestrini laterali e lunotto in cristallo. Anche su questa versione le portiere sono prive di luce rossa di segnalazione e di deflettori.
Fulvia Sport 1,3s prima serie – 818.362
Ancora in linea nel 1970, ha ancora dinamo, cambio 4 marce, gommatura 145SR14, e le parti mobili in alluminio, la carrozzeria in acciaio è rivettata e graffata alla monoscocca, il motore ha il radiatore olio. Monta lo stesso motore della Rallye 1,3s. Lo specchietto retrovisore esterno è montato sul parafango anteriore lato guida.
Fulvia Berlina 1969 4 marce – 818.610
Prodotta solo nel 1970, ha ancora svariati particolari in comune con la precedente GTE, ma adotta già il passo allungato a 2500 mm
Fulvia Berlina 5 marce 1970-1972 – 818.612
Prodotta dalla fine del 1970, adotta il cambio a 5 rapporti, e l’avantreno con bracci superiori in acciaio stampato in luogo di quelli tubolari.
Fulvia Berlina 1969 Grecia 4 marce – 818.692
Versione specifica per il mercato greco con motore 818.282 di cilindrata 1199 cc
Fulvia Berlina Grecia 5 marce – 818.694
Versione specifica per il mercato greco con motore 818.282 di cilindrata 1199 cc
Fulvia Coupé 1,3s 1970-1971 – 881.630
Assemblata ancora secondo gli standard Lancia mantiene l’avantreno con I bracci superiori tubolari, si distingue per la forma delle scritte a caratteri maiuscoli attraversati da una barretta Alcune di queste vetture hanno cofani e porte in alluminio. La calandra è in plastica cromata, come la piccola griglia sul cofano
Fulvia Coupé 1,3s 1971-1973 – 818.630
Adotta l’avantreno con bracci superiori stampati e le scritte sono contenute in un lingottino. Sono evidenti I primi interventi per la riduzione dei costi.
Fulvia Coupé 3 1973-1976 – 818.630
Adotta le cinture di sicurezza anteriori di serie, il lunotto con sbrinatore, i poggiatesta, il volante in schiumato, la moquette interna ed il pomello del cambio in legno. I parafanghi anteriori sono imbullonati e non più saldati. Cambia la coppa dell’olio, più capiente.
Cambiano le scritte e la calandra e le cornici dei fari diventano nero opaco, mentre la griglia sul cofano rimane cromata.
Fulvia 1600 HF Corsa 1970 – 818.740
Detta Fanalino è la versione con allestimenti più spartani, derivati direttamente dalla versione Corsa della Rallye 1,6 HF, Il motore è stato però depotenziato rispetto alla versione Fanalone ed è meno rifinito, non ha il radiatore olio. Calandra in plastica cromata. Solo alcuni esemplari hanno porte e cofani in alluminio
L’avantreno deriva da quello del Fanalone, con camber negativo e scatola dello sterzo diretta.
Fulvia 1600 HF Lusso 1970-1973 – 818.740
Versione della Fanalino con allestimenti più completi: sedili imbottiti con poggiatesta, portiere con deflettore e luce rossa di avvertimento, paraurti, calandra in acciaio inox. Solo alcuni esemplari hanno porte e cofani in alluminio
Fulvia Montecarlo 1972-1973 – 818.740
Versione commemorativa per la vittoria del Montecarlo 1972, con motore 1,3s, monta volante a tre razze, i sedili della Fanalino Lusso, ha una carrozzeria con parafanghi allargati simile, ma non uguale a quella delle 1600 HF, mancano i paraurti, i deflettori e le luci sulle portiere.
Lo specchietto retrovisore esterno è montato sul parafango anteriore lato guida. I cofani sono verniciati in nero opaco ed i colori disponibili sono rosso corsa, azzurro Francia, giallo Olanda e verde Gran Bretagna.
Monta una coppia di fari fendinebbia rettangolari dal design specifico.
Trattandosi di un modello diverso dalla Fanalino, è probabile che si fosse ipotizzato un campionato monomarca, successivamente mai attuato
È disponibile con rapporto al ponte più corto rispetto alla coupé normale
Fulvia 3 Montecarlo 1974-1976 – 818.630
Analoga alla precedente Montecarlo, adotta calandra e scritte della Fulvia 3, è disponibile come optional l’accensione elettronica ed il retronebbia posteriore.
Fulvia Safari, 1975-1976 – 818.630
Versione commemorativa per la partecipazione al Safari Rally. E’ la Fulvia che ha maggiormente patito l’impoverimento delle dotazioni: mascherine faro, calandra, griglia cofano, tergicristalli, specchietto in nero opaco, sedili in similpelle e denim, paraurti mancanti, portiere senza deflettore e luce di segnalazione, l’orologio è stato sostituito da una targhetta numerata. Disponibile in un numero limitato di colori.
Fulvia Sport 1,3s serie 1 e ½ – 818.650
Modello di transizione che adotta la carrozzeria della Fulvia Sport prima serie e meccanica seconda serie con avantreno a bracci superiori tubolari. Viene eliminato il radiatore olio. Lo specchietto retrovisore esterno è montato sulla portiera lato guida.
Prodotto in circa 600 esemplari
Fulvia Sport seconda serie – 818.650
Modello definitivo con carrozzeria seconda serie saldata alla monoscocca e arcate dei parafanghi più ampie, il cofano è incernierato davanti e non più sul lato destro. I paraurti sono bordati di gomma. Adotta l’avantreno con bracci superiori in acciaio stampato, prodotto in circa 2000 esemplari, gli ultimi dei quali con sedili dotati di poggiatesta.
Fulvia Sport 1600 – 818.750
Monta motore e cambio della Fanalino, ma su un avantreno 1300 con bracci superiori in acciaio stampato e scatola guida convenzionale e camber positivo.
La carrozzeria è quella delle Sport seconda serie, con maniglie delle portiere incassate. Prima vettura italiana a fornire di serie i vetri elettrici (con tanto di manovella di emergenza), i sedili hanno il poggiatesta. La livrea prevede una fascia nera sul cofano per le vetture con i colori chiari e due piccole fasce bianche per quelle con colori scuri. Prodotta in circa 800 esemplari.

